Il fascismo eterno delle "sette". Appunti di semiotica dei culti

di Luigi Corvaglia Pubblicato su MicroMega il 29 Novembre 2021
Una riflessione sul rapporto fra la società democratica e le isole di totalitarismo che in essa pretendono ospitalità e rispetto. _________________________________ Accetti i cookies? – Quando io uso una parola, – disse Humpty Dunty in tono d’alterigia, – essa significa ciò che appunto voglio che significhi: né più né meno. – Il problema è, – disse Alice, – se voi potete dare alle parole tanti diversi significati. – il problema è, – disse Humpty Dunty, – chi è il padrone…. Lewis Carroll, Attraverso lo specchio Si narra che un giorno, mentre teneva una lezione ad un gruppo di studenti, Alfred Korzybski s’interruppe per prendere dalla sua borsa un pacchetto di biscotti avvolto in un foglio bianco. Ne mangiò uno, poi ne offrì altri agli studenti che ne avessero voluti. “Buoni questi biscotti, non vi pare?” Disse Korzybski dopo che alcuni studenti ne avevano mangiato qualcuno. Dopodiché tolse il foglio bianco mostrando il pacchetto originale sul quale c’era l’immagine di una testa di cane e la scritta “biscotti per cani”. Gli studenti videro il pacchetto e rimasero scioccati. Due di loro si precipitarono fuori dall’aula per vomitare. “Vedete, signori e signore?” – commentò Korzybski – ho appena dimostrato che la gente non mangia solo il cibo, ma anche le parole, e che il sapore del primo è spesso influenzato dal sapore delle seconde”. L’inventore della “Semantica Generale” (GS) voleva dare dimostrazione pratica del fatto che gli esseri umani non possono sperimentare il mondo direttamente, ma solo attraverso le loro astrazioni. In qualche modo, dunque, la lingua determina il mondo. Ciò va a tutto vantaggio di chi voglia operare una ridefinizione del linguaggio, e tramite questo, del mondo percepito, come aveva superbamente messo in rilievo anche George Orwell. Così, se novello Korzybski, offrissi, non biscotti, ma concetti, come "rispetto delle identità culturali", “difesa della “libertà religiosa“ o “contrasto ai censori della libera scelta”, è sicuro che molti fra i miei uditori li apprezzerebbero. Se però facessi cadere il foglio bianco dal mio metaforico pacchetto che contiene le idee, essi vi leggerebbero altre etichette. Ad esempio, “difesa della sharia” o "si all'infibulazione". Un’altra possibilità è che l’etichetta scoperta riporti la dicitura “apologia dei culti”, espressione che designa la difesa di quei gruppi a gestione totalitaria che il grande pubblico conosce come “sette”. Sicuramente qualcuno rigetterebbe le idee pocanzi apprezzate. Infatti, la gente non giudica solo le idee, ma anche le parole, e il senso delle prime è spesso influenzato dal senso delle seconde. Così, se è seducente un proclama di difesa dell’identità delle culture, molto meno lo è apprendere che ciò potrebbe anche significare l'avallo della subordinazione della donna insita in alcune identità culturali o degli abusi che si compiono in alcuni gruppi spirituali. Infatti esiste un certo numero di studiosi, ed uno maggiore di attivisti, i quali conducono una fitta campagna di difesa di organizzazioni quantomeno controverse, come Scientology, per citare la più famosa, ma anche di altre centinaia di gruppi che nel corso degli anni hanno guadagnato l’interesse della cronaca per la subordinazione indotta negli adepti, per il loro sfruttamento e, talvolta, per gli abusi su di essi commessi. Questi apostoli di ogni culto usano etichettare gli oppositori di tali pratiche quali nemici della libertà religiosa e della libera scelta, pertanto degli illiberali. Il richiamo al “fascismo” non è neppure troppo velato [1]. In un mondo così ricostruito, o meglio, con questa “mappa” del mondo, come avrebbe detto Korzybski, i paladini dei diritti civili garantiti dalla "società aperta" sarebbero quelli usi a difendere culture e culti che alcuni definiscono abusanti, mentre i nemici delle libertà democratiche sarebbero coloro che ne contrastano l’azione e l’influenza. Però, come diceva il semiologo polacco, “la mappa non è il territorio”. Sette come espressione del fascismo eterno Abbiamo una regola. Marmellata domani e marmellata ieri, ma mai marmellata oggi.” “Ma qualche volta ci deve essere il giorno della ‘marmellata oggi’,” obiettò Alice. “No, no, impossibile,” disse la Regina. “La marmellata è prevista a giorni alterni e oggi, sai, non è affatto giorno alterno, lo vedi da te. Lewis Carroll, Attraverso lo specchio Un altro semiologo, Umberto Eco, tenne nel 1995 una conferenza alla Columbia University [2]. In questa celebre lettura l’intellettuale italiano propose la descrizione degli elementi archetipici e costituenti di quello che definiva il fascismo eterno o Ur-fascismo. Fatta la premessa che questo vede quale base fondante uno stato etico assoluto, tardo hegeliano, egli proponeva una serie di punti, non tutti necessari contemporaneamente, per la definizione di questo prototipo del totalitarismo perenne. Fra questi: - il culto della tradizione, spesso interpretata in forma di sincretismo di diversi apporti culturali; - L’ irrazionalismo con conseguente sprezzo per la cultura; - Il rifiuto dello spirito critico; - L’elitismo, cioè l’idea di essere il gruppo eletto; - La paura della diversità, con conseguente diffidenza per l’esterno, cioè l’outgroup; - La neolingua, caratterizzata da una sintassi elementare atta a una semplificazione cognitiva che impedisce lo sviluppo di uno spirito critico. Non solo quest’ultimo punto ci riporta alla Grammatica Generativa di Korzybski da cui eravamo partiti, ma questi elementi, tutti o in parte, sono gli stessi che vari studiosi considerano costitutivi dei gruppi “ad alto controllo”, cioè totalitari ed abusanti. Ecco quindi che, dopo che è caduto il foglio che la occultava, l’etichetta “fascismo” si legge con nitidezza sul pacchetto che contiene quelli che i loro difensori definiscono in modo neutro Nuovi Movimenti Religiosi. Una volta chiarito che non tutti i NMR sono culti abusanti e che molti culti abusanti non sono né nuovi né religiosi (creare confusione terminologica grazie all'uso di etichette fuorvianti è anch'essa una forma di utile neolingua