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Il Tribunale di Termini Imerese assolve imputato, vittima di “Bugia teocratica”

Aggiornamento: 21 mar 2021

Assolto dal reato di violenza nei confronti della moglie in quanto il fatto non sussiste. Si conclude così un processo del tribunale di Termini Imerese, che ha visto coinvolti due coniugi siciliani, nel quale ha relazionato la dottoressa Lorita Tinelli, fondatrice e presidente del Cesap, intervenuta in qualità di esperta sul tema della comunità dei Testimoni di Geova. Sì, perché la moglie, per sua stessa ammissione, nel momento in cui ha accusato il marito di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali, sottrazione di minori e violenza carnale, era un’adepta e ha seguito alla lettera le indicazioni imposte dal culto.


Il marito, rimasto fuori dal gruppo religioso, è stato tenuto per tutto il tempo a distanza, perché considerato “incredulo” e come si legge sulla sentenza n. 804/2020 “fonte di perdizione satanica”; per questo la moglie ha iniziato a registrare ogni azione del coniuge, così come ogni litigio, per poterlo poi accusare di atti penalmente rilevanti. La donna ha, inoltre, cercato di allontanare dal padre i due figli minorenni, anch’essi vittime delle regole rigide, ad esempio “lavandoli continuamente con ammoniaca o altri prodotti ustionanti”.

A momento debito ha lo denunciato presentando le registrazioni e raccontando con dovizia di particolari i maltrattamenti subiti. A distanza di tempo, dopo aver preso la decisione di uscire dal gruppo dei Testimoni di Geova, la donna ha presentato “una sorta di memoriale - si legge nella sentenza - nel quale ritrattava ogni tipo di accusa”, anzi, la donna ha sostenuto di "aver preso coscienza dei danni subiti e procurati a causa della sua appartenenza alla setta di essere uscita dall'organizzazione dei Testimoni di Geova e ritrattando tutto".


Il comportamento della moglie è un atteggiamento meglio conosciuto come "menzogna o bugia teocratica": chi muove le accuse lo fa volontariamente contro chi viene ritenuto un ostacolo al suo credo religioso. Secondo quanto sostiene la stessa Torre di Guardia, la rivista edita e pubblicata dai Testimoni di Geova, nella quale si danno le indicazioni per gli adepti, chi non crede in Geova è un nemico di Dio, e difendere il proprio credo anche attraverso delle false testimonianze è una strategia approvata e consolidata.


“Ciò che è esecrabile è il fatto che la donna ha cercato di sottrarsi alle sue responsabilità attribuendo la causa delle sue falsità ai condizionamenti subiti dalla comunità di appartenenza, quasi fosse stata vittima di un incanto, avrebbe perduto ogni capacità di analisi e di favella e sarebbe stata costretta ad accusare il marito in quanto infedele o "incredulo" – si continua a leggere nella sentenza -. Una sorta di plagio, dunque, o di tale condizionamento della volontà da renderla un mero strumento della comunità religiosa, priva di autonoma volontà o capacità di agire in modo consapevole".

Da ciò il giudizio del Tribunale che ha ritenuto la moglie perfettamente lucida e colpevole di aver calunniato e dato falsa testimonianza.

“Lei ha volontariamente aderito ad una congregazione dotata di regole chiare e codificate in numerosi testi di riferimento a livello globale”.


“Sono soddisfatta della decisione del giudice e del fatto che abbia riconosciuto una dinamica di questo genere, che da sempre ha portato nei tribunali genitori critici della fede geovista, che per tal motivo sono stati fatti oggetto di accuse infamanti – ha affermato la dottoressa Tinelli, fondatrice del Cesap -. Alla stessa conclusione era giunto anche il tribunale di Bari, nel 2000, assolvendo un padre oggetto della prassi della bugia teocratica, accusato falsamente di aver abusato suo figlio con la complicità di sua nipote. Accusa infondata della ex moglie testimone di Geova”.


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